17 mag 2008

"Fatti non foste per viver come bruti..."

Buongiorno a tutti. Campani e non.

Premetto che questa è una email inviata a tutta la mia lista di contatti, scritta sull'onda dell'emotività e della rabbia di fronte allo spettacolo di una Napoli che non riesco più a riconoscere e che mi fa soffrire. Profondamente.

Non sono napoletana. Sono cresciuta in una minuscola località della costiera amalfitana e ho trascorso a Napoli gli anni dell'università, per molti aspetti i più belli ed i più costruttivi della mia vita. Vivo e lavoro a Bologna da circa 6 anni. La famosa America che America non è, o se lo è, somiglia molto a quella delle sceneggiate di Mario Merla. Lacrime, sacrifici e tutto quello che conoscete o vi potete immaginare. Lascio il "voi". Preferisco il "tu". Non mi importa che sia sgrammaticato. Non mi interessa se ti offende o ti fa ridere.

Se sei rimasto in Campania, o comunque "a casa" quei sacrifici e quelle lacrime le capisci lo stesso, non credo siano meno amare se tutti i giorni sei costretto a subire, a scendere a compromessi, a patteggiare con un sistema che ti ha invischiato le ossa al punto da farti rassegnare a convivere con la violenza e la paura, che non te riesci ad andare, o magari non te ne vuoi andare ma tutti i giorni devi lottare e – questo io non lo posso sapere – in onestà non dici se fai la vita che vuoi fare.

Non posso e non voglio aprire i giornali e vedere la "mia" città in ginocchio, non posso raccogliere il racconto di chi a Napoli ci vive ed è arrivato all'esasperazione di fronte all'impossibilità di uscire di casa, o di rientraci perché ostacolato da cumuli di rifiuti riversati nelle strade che non si possono evacuare, a meno che non si voglia arrivare alla colluttazione con chi quell'immondizia l'ha riversata per strada. Periferie. Provincia. Centro storico.

Anno dopo anno, sono tornata a Napoli e anno dopo anno ho sentito rabbia e frustrazione. Non è la "mia" città, mi dico e mi ridico, non può essere, non la riconosco più.

Me la vuoi raccontare con "sì vabbè, Napoli avrà le sue contraddizioni ma resta la città più bella del mondo"? Trovami argomenti più convincenti, i luoghi comuni con me non funzionano.

Amo Napoli quanto te. Al punto che, anche se sono emigrata, istinto e viscere mi fanno vedere i miei figli camminare per quelle strade, parlare la lingua che ci hanno insegnato prima dell'italiano, mangiare come mi hanno nutrito, condividere l'orizzonte di un mare di tradizioni e cultura, che ci fanno tenaci e determinati, perseveranti e pazienti, ironici e taglienti. Quel "qualcosa in più" che ovunque andiamo ci portiamo sotto la pelle e che fa emergere alcuni di noi.

Ma non voglio per me, per chi amo e chi metterò al mondo la vista obbligata sull'orizzonte della violenza. Dell'abuso, della dipendenza, di questa immondizia che prima ancora di essere gli scarti della cucina e del quotidiano è un veleno che lentamente ci assuefa a credere che va bene così, che è colpa dello stato, che è colpa della camorra, che ti devi adattare, devi sopravvivere, deve sgomitare per restare a galla e respirare in un mare che sta diventando una fogna.


Accendo la tv, settacio internet, i blog. Alla ricerca di risposte che non mi soddisfano.
E mi fanno sentire esclusa – dalla possibilità di fare qualcosa, dal venire a sapere chi sta facendo cosa, perché ne sono convinta, non è possibile stare a guardare questo stupro, qualcuno, non mi importa di che colore politico, religione, residenza, sarà incazzato quanto me e qualcosa la pensa e magari sta provando a farla.

Ti prego, dimmelo. Parliamone, incontriamoci tutti e facciamola sentire la nostra voce. Se restiamo in silenzio, ha vinto l'immondizia. O fammi tacere, ma dammi una buona ragione.
O magari conosci qualcuno che si sta muovendo. Dammi il suo contatto, per favore.

Non è solo Emilia che scrive. E' una campana esasperata. Un'italiana incazzata. Un essere umano che come te non ha scelto la violenza, non vuole vivere nella paura e ama profondamente la "sua" città e il suo paese.
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13 mag 2008

Appuntamento ai piedi del vulcano

Sei stata mia madre.

La donna che mi ha nutrito. La radice che mi ha abbandonato.


Sei stato mio padre.

L’uomo che mi ha insegnato. Il pugno che mi ha rotto il naso.


Sei stato mio fratello. Il compagno di giochi.

Sei stata mia sorella. La custodia di ogni segreto.

Sei stato l’uomo che amato alla follia.

Il fardello più grande di un’apolide testarda che non esiste più.


Ti spio di nascosto quando tu non sai che ti sto osservando.

Ti leggo sui giornali che ti vogliono deceduto, decaduto, divorato dalle lotte del potere.

Ti seguo nella voce di ogni sconosciuto che intercetto per strada, solo perché mi ricorda la tua.

Ti mangio ogni giorno illudendomi che a imbastire il pasto che mi hai insegnato mi ritorni nelle viscere anche il tuo calore.

Ti saluto ogni mattina quando guardandomi allo specchio ritrovo il tatuaggio genetico che mi hai lasciato.

Ti sogno di notte grondante di pioggia, carico di sole, disteso indolente a farti passare addosso gli anni.


Non un giorno da quando sono partita ho cessato di pensarti.

Sei attaccato alle viscere e brancoli nella mente.

Sei nel sangue che spargo ogni mese e nel sudore che disperdo.

Sei sotto la pelle a ruggire salvezza.

Sei stata la rabbia che chiede servi.

Oggi sei la pace che mi fa libera.


Voglio ri-conoscerti.

E voglio che tu ri-conosca me.

Mi trovo davanti alla tua porta di mare a chiederti di lasciare nell’acqua quel patto di nascita.

Sono qui, alle tue falde, a dirti che quel contratto col sangue è stato veleno smaltito.

Sono qui con la mani aperte a chiederti di aprire le tue.

A cercarti per sentire se posso essere per te e tu puoi essere per me.


Emilia. Napoli.

Tra di noi un punto da ridefinire.

12 mag 2008

Terra di Terra

Me lo ero ripromessa. Ogni volta queste partenze diventano più difficili e non sono poi state tante...
Difficile come è difficile pre me riascoltare Terra Mia di Pino Daniele senza provare esattamente le stesse cose che sentivo su quella veranda a Milano, nel 2002, quando una sera di Febbario la riascoltammo con Ivan ed entrambi piangevamo in silenzio le lacrime amare di chi sta lontano.
Spazio, modo e tempo sono cambiati. L'essenza è rimasta la stessa.
Ed è dal casuale ascolto di questa canzone che voglio partire per raccontarti il week end a Napoli.

Tornare a Napoli. L'illusione di riavere accesso ad una specie di paradiso.
Un paradiso fatto di ignoto, di pasta del demonio, di quel sublime che non si svela mai.
...ma poi, chi lo dice che il paradiso sia così?
Una parte di me spera ardentemente di no, la stessa parte che ha rinnegato, che ha mangiato la mela, che ha iniziato a guardare il mondo capovolto.
Un'altra parte di me ha appiccicato a questa città sospesam tra magia e catstrofe gli sttributi del sacro.

Lista della spesa per giovedì - cosa mi ha fatto male questo week end?
Probabilmente il sentirmi di fronte ai miei limiti - è questa è una cosa fantastica!
Ad Istinto non mi viene la sensazione che ho provato, ce l'ho già travestita dall'ironia:
"Grazie. Grazie per aver dedicato una serata a me e te soltanto. Grazie per avermi chiesto chemi andava di fare, davvero. E' banale, ma ho apprezzato molto cha tu abbia fatto prevalere, anche solo per una serata, le ragioni mie e tue, quelle che dicono che abbiamo appuntamento con il resto del mondo tutti i giorni ad orari concordati mentre io te abbiamo appuntamento quando ci va bene un week end sì e l'altro no, oppure, come mi hai appena accennato, oggi è 11 maggio e ci possiamo rivedere il 30 perchè il prossimo week end hai un paio di conferenze e quello dopo hai l'ultima rappresentazione dello spettacolo...L'ho apprezzato tantissimo questo week end perchè mi hai fatto sentire una persona importante per te e mi hai fatto sentire che stai credendo in questa cosa che ci è capitata ed il fatto che anche tu la alimenti fa sentire più sicura anche me, che sto andando nella giusta direzione ..."
Ma l'ironia non ci sta nella lista della spesa, devo sforzarmi di imbarbarire le emozioni. I miei limiti: tendo ed essere diffidente,soffro del fatto che forse sono un pò troppo ingenua o comunque dò troppa importanza alle cose, in ogni caso dò per scontate delle cose che scontate non sono - cioè mi sarò creata delle assurde aspettative - cosa di per sè già demenziale - sulla base di parole o gesti fatti in buona fede ma sull'onda dell'entusiasmo e l'entusiasmo in alcuni è superficialità. (segue)